aggiungere a Venezia



Aggiungere a venezia è forse impossibile, sicuramente rischioso. Venezia è già tanta, (per i futuristi persino troppa); anche dove manca, anche in un crollo, in un degrado, è comunque malia, cristallizzata nel proprio incantesimo di luci, riflessi, silenzi. 

"Il pizzo verticale delle facciate veneziane è il più bel disegno che il tempo-alias-acqua abbia lasciato sulla terraferma, in qualsiasi parte del globo" scrive Iosif Brodskij - parole definitive quelle di "Fondamenta degli incurabili": parlare di Venezia è parlare di tutto; e al tutto, per l'appunto, nulla si può aggiungere.
Per questo motivo mi accosto con diffidenza ai vari interventi che, biennalmente, "aggiungono" a pezzi della città arte e artifici, delle più varie provenienze geografiche; e presto li dimentico. Unico ricordo rimastomi, la magia dei "cristalli liquidi" di Plessi al Florian, giusto venti anni fa.

Poi, quando meno te lo aspetti, arriva la poesia a salvare il mondo. Foundation, l'installazione di Katrin Sigurdardottir che quest'anno rappresenta l'Islanda alla Biennale di Venezia, accende proprio l'invincibile fragilità della poesia in un angolo magico del magico giardino di Palazzo Zenobio.
All'interno della antica lavanderia abbandonata l'artista islandese  ha realizzato una piattaforma lignea sospesa di circa 90 mq, rivestita da formelle ceramiche che compongono un pavimento barocco. 
L’installazione è accessibile attraverso una scala che partendo dal giardino mette in comunicazione l’interno e l’esterno della Lavanderia; il pavimento sospeso rende ancora più basse le porticine, e bisogna chinarsi per passare da una stanza all'altra. L'intera struttura è staccata dalle pareti, a sottolineare ulteriormente l'estraneità del manufatto - a questo punto propriamente fisica, oltre che stilistica - dall'architettura preesistente. Il risultato è straniante...  e un po magico.








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